Criosfera un Mondo che cambia

Dyngjusandur il deserto freddo in rapida espansione

Marco Vinci / 24 agosto 2021 / Criosfera

Nell’immaginario collettivo la parola deserto fa immediatamente venire in mente una immensa distesa di sabbia rovente nel cuore dell’nord Africa. In realtà in giro per il Mondo di deserti ce ne sono tanti e non solo assolati e roventi. In un ambiente freddo, in condizioni particolari si generano accumuli di sedimenti fini che nel tempo generano enormi distese che sospinte dai venti avanzano ed ammantano le aree circostanti. I deserti freddi sono una realtà molto ben rappresentata in Islanda. A spiccare tra tutti il Dyngjusandur appena a nord del ghiacciaio Vatnajökull.

Sull’origine di questo deserto, molti studiosi da anni dibattono ed analizzano scrupolosamente la natura mineralogica dei suoi sedimenti. Conoscere l’origine di un deserto e comprenderne le sue dinamiche non è interesse esclusivo della ricerca scientifica ed il motivo è legato alle incredibili ricadute sulla vita quotidiana di tutti noi. Le immense distese di sabbia di Dyngjusandur, sono considerate tra le aree più attive al Mondo in fatto di produzione di sedimenti fini che possono essere trasportati dal vento anche a notevole distanza.

Un interessante primato per una regione interna del territorio islandese. Ma come dobbiamo leggere questo primato? Sarà l’ennesima meraviglia della Natura islandese o il risultato di un preoccupante fenomeno dovuto ai mutamenti climatici? La magnificenza dello spettacolo è indubbiamente garantita e visitare questo remoto luogo d’Islanda è tra le cose assolutamente da fare, ma comprenderne anche l’origine è senza dubbio importante se si vuole conoscere a fondo l’Islanda. Le fini sabbie scure che formano il deserto, trovano origine dalla sedimentazione di depositi generati dal trasporto di fiumi subglaciali che dal Vatnajökull scendono verso nord, disperdendosi poi nelle piane alluvionali glaciofluviali che circondano la “calotta glaciale”. Questi sedimenti sono molto fini (< 63 μm) e sono gli stessi che conferiscono alle acque dei fiumi che scendono dai ghiacciai quel caratteristico colore grigiastro. Sono chiamati anche Tilliti e si ritrovano in ogni parte del Mondo dove nel tempo si sono succeduti fenomeni di esarazione glaciale dovuta al lento fenomeno erosivo che una massa di ghiaccio è in grado di generare sulle rocce sottostanti che sostengono il ghiaccio.

Durante il periodo estivo o comunque durante le fasi secche e calde con minori precipitazioni meteoriche e alto livello di irraggiamento solare, questi sedimenti tendono ad essiccarsi ed asciugandosi riescono ed essere facilmente trasportati dai venti. In Islanda il vento è una costante e non manca mai, specie ai piedi dei grandi ghiacciai, dove è più facile che si inneschino quei fenomeni chiamati brezze, in cui le masse d’aria fredde ed umide del ghiacciaio spirano verso le aree subglaciali più asciutte e calde.

In occasione di tali eventi si generano grandi tempesti di polveri sottili che sospinte dai venti riescono a raggiungere distanze anche di centinaia di chilometri. A stravolgere le dinamiche del trasporto eolico dei sedimenti del Dyngjusandur, nel 2014-15 c’ha pensato una importante eruzione vulcanica che ha sbarrato la strada al trasporto dei sedimenti, generando una vasta area di circa 1 kmq dove le acque di fusione dei ghiacciai ristagnano creando specchi di acque basse ma molto estesi, che consentono una maggiore sedimentazione di tilliti. La natura effimera di questi specchi d’acqua, offre però maggiori quantità di sedimenti fini al trasporto eolico, il che ha come risultato ultimo l’aumento esponenziale delle tempeste di sabbia e polveri. Nel particolare dei deserti di Dyngjusandur, il progressivo scioglimento dei ghiacciai come effetto dei mutamenti climatici, comporta un maggiore trasporto di sedimento che si accumula lungo le piane alluvionali, dove le acque evaporano più rapidamente per via della maggiore intensità dell’irraggiamento solare contribuendo ad aumentare il trasporto eolico durante le tempeste. Se l’aumento del trasporto di sedimenti è segno tangibile del clima che cambia, in alcuni luoghi questo processo porta giovamento. Studi condotti Agricultural University of Iceland indicano che l’accumulo al suolo dei sedimenti trasportati dal vento, aumenta la fertilità dei suoli, rendendoli più idonei all’attività di produzione agricola. Le sabbie del Dyngjusandur come il limo del Nilo, anche questo un altro aspetto dell’incredibile storia del nostro Pianeta.

Fonte Geophysical Research Abstracts - Haraldur Olafsson University of Iceland

Approfondimento: Combinando il vulcanismo attivo e un clima freddo, l'Islanda è coperta per circa il 21% della sua superficie da zone desertiche. Le sabbie che costituiscono questi deserti freddi sono state analizzate in dettaglio in due siti islandesi e i risultati rivelano interessanti origini del tutto diverse tra loro. Il primo sito è Dyngjusandur, situato a nord di Vatnajökull, e il secondo sito è l'area di Lambahraun, situata a sud di Langjökull. In entrambi i siti, l'origine dei sedimenti è determinabile solo attraverso attente osservazioni sul campo, analisi chimiche e mineralogiche. In Dyngjusandur, i sedimenti sono costituiti quasi esclusivamente da granelli di vetro vulcanico, derivante dall’erosione di rocce ialoclastiche (breccia di origine vulcanica formatasi durante una eruzione sottomarina o subglaciale). I rilievi di ialoclastite (drumlins glaciali) attualmente sepolti sotto Vatnajökull sono la fonte dalla quale derivano questi vetri vulcanici, mentre i rari cristalli di plagioclasio di grandi dimensioni (0,5 cm), sembrano essere derivati dallo smantellamento di colate laviche. I rilievi di ialoclastite sono sormontati dai ghiacciai e i sedimenti erosi meccanicamente sono stati lavati via dall'acqua di fusione e trasportati sulle pianure alluvionali. La composizione chimica dei depositi è omogenea e simile alla composizione delle vicine colate laviche subaeree, riflettendo una omogeneità di ambienti geologici di sotto del ghiacciaio. Il deserto di Dyngjujökull può essere preso come luogo di studio per esplorare la composizione chimica media del materiale vulcanico posto al di sotto il ghiacciaio. Nel caso di Lambahraun il confronto delle analisi chimiche e mineralogiche di sabbie e campioni di roccia ha aiutato a individuare con precisione la natura e l’origine di questi sedimenti. In contrasto con il primo sito, i depositi sono principalmente cristalli che chimicamente si correlano bene con le risultanze dell’erosione delle colate laviche dei vulcani a scudo Eldborgir e Skersli. L'analisi del contatto tra le colate laviche e il ghiacciaio rivela che i depositi eolici di Lambahraun, si sono formati a seguito dei recenti avanzamenti del ghiacciaio che hanno abraso le rocce. Esiste quindi una relazione diretta tra movimento della massa glaciale e produzione di sedimento, attività che deve essersi velocizzata in un tempo relativamente breve (<4000 anni).

Fonte EARTH SURFACE PROCESSES AND LANDFORMS - Published online in Wiley Online Library

Back to Home